Il “Cubo di Rubik” non può essere un marchio registrato

di Antonio Squillante


I divieti “specifici” alla registrazione dei marchi di forma


Tra le entità suscettibili di essere depositate come segno distintivo ci sono anche le forme dei prodotti e della loro confezione.


Il legislatore ha stabilito, in via generale, la possibilità che queste possono avere tutte le caratteristiche necessarie per assumere un messaggio distintivo.
Specificando che è esclusa la registrazione come marchio di una «forma, o altra caratteristica che sia esclusivamente imposta dalla natura stessa del  prodotto, necessaria per ottenere un risultato tecnico, o che dia valore sostanziale al prodotto» (art. 7, reg. 2017/1001/UE).


La norma è garante dell’ “imperativo di disponibilità”, ossia la necessità che taluni “segni” possano essere liberamente utilizzati da tutti gli operatori del commercio. In particolare il secondo dei tre impedimenti prevede che, se la forma di un bene presenta una soluzione tecnica pura non potrà essere validamente depositata come marchio.


Sulla falsariga di tale norma si pone l’argomentazione del tribunale dell’UE che – in una recente sentenza (Trib. UE, 24.10.2019, T-601/17) – ha confermato l’annullamento del marchio di forma del “Cubo di Rubik”. Secondo il tribunale le caratteristiche essenziali della sua tridimensionalità sono necessarie per ottenere un risultato tecnico ritenuto inerente alla capacità di rotazione del giocattolo.


Le fasi della vicenda


APRILE 1996

La società britannica Seven Towns Ltd. ha presentato una domanda di registrazione di marchio UE presso l’EUIPO (European Union Intellectual Property Office) per la tutela della tridimensionalità caratterizzante il celeberrimo “cubo di Rubik”.


APRILE 1999

Il marchio è stato registrato e, successivamente, rinnovato.


2006

La società Simba Toys (produttore tedesco di giocattoli) ha domandato all’EUIPO l’annullamento del marchio di forma sostenendo che questi comportava una soluzione tecnica consistente, la sua capacità di rotazione.
Proprietà che sarebbe potuta essere tutelata a titolo di brevetto, ma non a titolo di marchio.


OTTOBRE 2008

La divisione di annullamento dell’EUIPO ha respinto la domanda nella sua interezza così come, l’anno successivo, ha fatto la Commissione di ricorso.


Simba Toys ha quindi proposto ricorso al Tribunale UE, il quale l’ha vigorosamente respinto ritenendo che la forma controversa non presentasse un elevato gradiente di novità tecnica.
Più specificamente, il Tribunale ha posto l’accento sul fatto che “il meccanismo girevole” che caratterizza il puzzle non fosse di immediata percezione, in quanto posto all’interno del prodotto e invisibile.


Simba Toys ha dunque impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Giustizia, la quale ha ritenuto che la funzionalità della tridimensionalità fosse inerente tanto agli elementi visibili quanto a quelli invisibili, rimettendo così la decisione all’EUIPO.


GIUGNO 2017  

L’EUIPO ha constatato che ciascuna delle caratteristiche della tridimensionalità del Cubo di Rubik fosse “necessaria per ottenere un risultato tecnico”.


Ha concluso dunque che il marchio controverso fosse stato depositato in violazione dell’art. 7 lett. e) del regolamento 1001/2017 e ne ha quindi annullato la registrazione.


OTTOBRE 2019

A questo punto la società Rubik Brand Ltd. – titolare attuale del marchio controverso – ha impugnato la decisione dinanzi al Tribunale UE che ha invece confermato la validità della valutazione relativa alla rilevanza della tridimensionalità per la realizzazione di quel risultato tecnico dato, appunto, dalla capacità di rotazione del puzzle tridimensionale.
La finalità del gioco è infatti la ricostruzione di un rompicapo attraverso la rotazione delle facce, grazie ad un meccanismo del tutto peculiare che, effettivamente, sarebbe potuto essere oggetto di un altro genere di privativa: il brevetto.


L’EUIPO è l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale incaricato di gestire i marchi dell’Unione europea e i disegni e modelli comunitari registrati.

Impedimento alla registrazione: “L’imperativo di disponibilità” della tridimensionalità


Coerentemente con una ormai costante giurisprudenza, ciascuno dei motivi di diniego alla registrazione elencati nel reg. n. 1001/2017 deve essere interpretato alla luce dell’interesse pubblico sottostante.
In tSi (?) sottolinea infatti come la norma miri ad impedire che un diritto di privativa sine tempore (come quello concesso dal diritto dei marchi) garantisca ad un’impresa un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche funzionali di un prodotto.


La ratio

La ratio dell’impedimento al deposito di un marchio che presenti una valenza tecnica è sostanzialmente di natura pro-concorrenziale, e richiama anche gli incentivi all’evoluzione della scienza e della tecnica.
In altri termini, si vuole vietare la registrazione di quelle tridimensionalità che incorporino un’innovazione tecnica, sottoponendole a una tutela potenzialmente perpetua.
Al contrario, possono validamente costituire oggetto di marchio quelle forme che non presentino una particolare tecnicità industriale.


Di contro, deve ritenersi che anche una forma utile possa essere registrata purché rispettosa di una serie di condizioni (basti pensare agli “omini Lego”). Il riscontro di una forma “utile” non è dunque di per sé indizio di invalidità di un marchio tridimensionale.
Diversamente, si dovrebbe sostenere che siano suscettibili di protezione solamente le “forme deformi” e “puramente capricciose”.


Epilogo

Certo, il tema della tutela come marchio della forma “utile” pone problemi di coordinamento con altre privative.
Modelli di utilità o addirittura brevetti per invenzione funzionali alla tutela di risultati tecnici che presuppongono un dato gradiente di inventiva.
Nel coordinamento tra le varie tutele si potrebbe dunque ipotizzare che le forme dotate di qualche profilo di funzionalità (che restino al di sotto della soglia di attività inventiva prevista per l’accesso alla tutela brevettuale) siano eventualmente disponibili per la registrazione del marchio.


Allo stesso modo apparirebbero registrabili come marchio gli aspetti non secondari e non marginali di un prodotto, non necessari dal punto di vista tecnico, ma portatori di un messaggio prevalentemente distintivo.


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