A Praga la prima decisione europea sulla tutela autoriale delle produzioni algoritmiche

Vincenzo Iaia

L’uso dell’intelligenza artificiale generativa nella realizzazione di opere grafiche, musicali e audiovisive è di recente giunto all’attenzione giurisprudenziale in diversi angoli del globo terracqueo. La questione centrale ruota intorno alla misurazione e alla dimostrazione del contributo creativo umano rispetto a quello algoritmico. Dopo il primo confronto delle corti statunitensi (v. nostri post qui) e cinesi (e qui) è il momento dell’Unione europea con la decisione emessa l’11 ottobre 2023 dal tribunale di Praga n. 10 C 13/2023- 16.


Nello specifico, l’attore ha utilizzato il servizio di intelligenza artificiale generativa offerto da OpenAI “Dall-E” per produrre un’immagine basata sul seguente prompt: “crea una rappresentazione visiva di due parti che firmano un contratto commerciale in un ambiente formale, ad esempio in una sala conferenze o in uno studio legale a Praga. Mostra solo le mani”. Egli ha citato in giudizio il convenuto per aver riprodotto la stessa immagine sul suo sito Internet senza ottenere alcuna autorizzazione dal preteso autore.


Il convenuto ha eccepito che la domanda attorea fosse priva di fondamento in quanto l’immagine in questione era carente dei requisiti per l’ottenimento della tutela autoriale, essendo stata prodotta sostanzialmente dall’algoritmo. Durante il processo è emerso in modo indiscusso che l’immagine fosse stata ottenuta mediante l’utilizzo di Dall-E e che la stessa fosse stata riprodotta sul sito web del convenuto senza alcuna licenza.


Il tribunale di Praga ha rigettato l’azione per violazione del diritto d’autore dal momento che l’attore non aveva assolto all’onere probatorio riguardante il processo creativo umano. Invero, l’asserito autore si era limitato all’allegazione di aver inserito il summenzionato prompt senza corredarla da alcuna prova. Peraltro, il processo “creativo” si sarebbe ridotto alla scrittura dell’istruzione fornita all’algoritmo, senza essere seguito da un lavoro di modifica/rifinitura.


I giudici cechi, dopo aver ribadito che l’intelligenza artificiale non possa essere titolare dei diritti d’autore in quanto questi ultimi riservati alla tutela della creatività umana, hanno specificato che il contributo dell’attore si sarebbe ridotto alla formulazione di un’idea, non tutelabile ai sensi dell’art. 2 della legge nazionale sul diritto d’autore, in conformità all’art. 9.2 dell’Accordo TRIPs. Si è quindi condannato l’attore a rimborsare integralmente le spese processuali sostenute dal convenuto.


La decisione del Tribunale di Praga mette in risalto, come già avvenuto – seppur con diversi livelli di meticolosità – negli Stati Uniti e in Cina, la centralità della dimostrazione del processo creativo umano nei casi di co-produzione algoritmica (rectius nei casi in cui l’apporto algoritmico emerga innanzi all’organo giurisdizionale). Il tracciamento del contributo umano potrebbe avvenire tramite il ricorso a tecnologie a registro distribuito, tra cui la blockchain, le cui trascrizioni in Italia godono dell’effetto di prova legale ai sensi dell’art. 8-ter del d.l. 135/2018, convertito con l. 12/2019. Le industrie creative potrebbero beneficiare della maggiore sicurezza offerta da tale tecnologia per assicurarsi una marca temporale corrispondente ad ogni apporto umano eventualmente spendibile in sede giudiziale.


Se la posizione del giudice ceco appare facilmente condivisibile alla luce del marginale contributo umano sarà interessante seguire quei casi caratterizzati da una più significativa (e dimostrabile) partecipazione umana, essendo quella in commento la prima ma non certamente l’ultima decisione europea sulla tutela autoriale delle produzioni algoritmiche. 


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