In Cina la prima decisione che afferma la violazione del diritto d’autore da un output dell’intelligenza artificiale

Vincenzo Iaia

In Cina si aggiunge un nuovo tassello al ricco mosaico dedicato al controverso rapporto tra intelligenza artificiale e diritto d’autore. Le Corte Internet di Guangzhou ha pioneristicamente affermato che un prodotto ottenuto da un’intelligenza artificiale generativa costituisce una violazione del diritto d’autore. L’esclusiva ha ad oggetto il personaggio di fantasia Ultraman, un supereroe ideato in Giappone nel 1966 e caratterizzato da una barra sul petto che comincia a lampeggiare quando i super poteri sono in fase di esaurimento.


In particolare, il titolare dei diritti di proprietà intellettuale su Ultraman ha agito in giudizio nei confronti della società fornitrice di un servizio di intelligenza artificiale generativa dopo aver scoperto che all’inserimento di prompt diretti a generare immagini ispirate ad Ultraman corrispondevano contenuti sostanzialmente simili al supereroe giapponese.


Qui di seguito si riporta un’immagine di Ultraman seguita dai risultati dei prompt:



Secondo la ricostruzione attorea, la possibilità di produrre contenuti largamente somiglianti al personaggio di fantasia in questione implicherebbe giocoforza l’estrazione non autorizzata delle immagini del medesimo. Alcuni output costituirebbero di fatto delle riproduzioni dell’opera originaria mentre altri sarebbero annoverabili come opere derivate rispetto alle quali sarebbe comunque necessario acquisire il consenso dal titolare dei diritti sull’opera preesistente.


La corte cinese ha enfatizzato la necessità di trovare una soluzione bilanciata tra lo sviluppo industriale dei sistemi di intelligenza artificiale generativa e la tutela dei diritti concorrenti. In questa prospettiva, i fornitori di servizi equiparabili a “booster” della creatività umana devono garantire uno standard di diligenza professionale ai fini della sicurezza e del rispetto dell’innovazione umana, anche da parte dell’intelligenza artificiale. Si è quindi condannata la società convenuta al pagamento di un risarcimento del danno per l’ammontare di circa € 1200 (10.000 yuan).


Se questa sentenza, ad oggi unicum nel panorama globale, potrebbe far preludere ad una contrazione degli investimenti nei sistemi di intelligenza artificiale generativa in Cina occorre ricordare che la questione dell’input di contenuti protetti dal diritto d’autore per addestrare i sistemi di machine learning risulta ancora altamente controversa in tutto il mondo. La soluzione prefigurata dalla proposta di regolamento europeo in materia di intelligenza artificiale (AI Act) sembra allinearsi all’approccio garantista espresso dalla Corte Internet di Guangzhou, imponendo ai fornitori di servizi di intelligenza artificiale l’obbligo di stilare dei rapporti contenenti le creazioni utilizzate per il training algoritmico.


In estrema sintesi, la sentenza della corte cinese segna il primo punto a favore dei titolari dei diritti d’autore nell’animato conflitto contro i provider di servizi di intelligenza artificiale generativa. Non può tuttavia sottacersi che la partita sembra ancora lunga da giocare, dovendo attendere, tra i vari, gli esiti delle numerose controversie avviate negli Stati Uniti, la decisione giapponese sul conflitto tra Uniqlo e Shein (commentata qui), nonché la pubblicazione della versione definitiva dell’AI Act.

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