Vincenzo Iaia
Con la sentenza della Corte distrettuale della Columbia emessa il 18 agosto 2023 si aggiunge un nuovo episodio all’avvincente saga giuridica sulle tensioni tra diritto d’autore e intelligenza artificiale. In particolare, il Giudice Beryl Howell ha confermato la decisione della commissione di ricorso del Copyright Office americano del 14 febbraio 2022 (già commentata qui) che negava la tutela autoriale su un’opera figurativa intitolata “A Recent Entrance to Paradise” asseritamente prodotta dall’intelligenza artificiale dal nome “Creativity Machine”.
La principale ragione del diniego faceva perno sulla teoria personalistica del diritto d’autore in forza del quale non è possibile attribuire il menzionato diritto di esclusiva in favore di soggetti diversi dagli esseri umani. Come ribadito nel Compendio del Copyright Office, la paternità umana rappresenta un prerequisito essenziale ai fini del riconoscimento della tutela autoriale1. Non è esclusa la possibilità che durante il processo creativo ci si avvalga di algoritmi muniti di intelligenza artificiale nella misura in cui essi operino in rapporto strumentale alla creatività umana.
Nel caso in questione, la richiesta proveniente da Stephen Thaler mirava esattamente a ribaltare questo orientamento affermando che non vi fosse alcun ostacolo al riconoscimento della paternità autoriale in favore del suo algoritmo dotato di intelligenza artificiale. Egli ha quindi impugnato la decisione della Commissione di ricorso ritenendola “arbitraria, capricciosa, illegale” e facendo leva sulla circostanza che il diritto d’autore abbia sempre mostrato malleabilità rispetto agli sviluppi delle nuove tecnologie.
La Corte distrettuale della Columbia, pur confermando l’adattabilità del diritto d’autore ai progressi tecnologici, ha dato conto della permanenza di un nocciolo duro di princìpi non soggetti a variazioni, tra cui la creatività umana come condizione sine qua non per l’attribuzione dell’esclusiva autoriale2. Sin dal 1976 il Copyright Act statunitense esige che un’opera dell’ingegno origini dall’esercizio di capacità intellettive, creative o artistiche. Che queste capacità siano ad oggi incarnate esclusivamente nell’essere umano esclude la possibilità di considerare i software, per quanto “intelligenti”, dalla possibilità di reputarsi autori di opere dell’ingegno.
È possibile raggiungere la medesima soluzione ermeneutica anche attraverso le lenti della teoria utilitarista secondo cui il diritto d’autore (così come il diritto dei brevetti) attribuisce un diritto di esclusiva temporaneo per incentivare la creatività (o l’inventività) umana. Le disposizioni in materia di diritto d’autore non sono concepite per gli algoritmi in quanto essi non necessitano della promessa di uno ius excludendi alios per essere incentivati a realizzare creazioni intellettuali. Tale linea interpretativa ha portato in passato ad escludere la paternità di un libro religioso in favore di uno spirito divino3.
La sentenza in parola mostra la resistenza del muro della teoria personalistica del diritto d’autore rispetto ai multipli tentativi di breccia da parte dei sostenitori della paternità algoritmica. Tuttavia, il Giudice ha mostrato consapevolezza per le sfide derivante dal crescente uso di algoritmi muniti di intelligenza artificiale all’interno dei processi creati. Tra le questioni maggiormente rilevanti figura sicuramente quella in merito alla misurazione del (discendente) contributo umano rispetto a quello algoritmico, nonché alle soluzioni politiche di utilizzo del copyright come incentivo per le creazioni ottenute mediante intelligenza artificiale.
In proposito, giova dar conto che il Copyright Office ha recentissimamente aperto una consultazione pubblica per ricevere commenti sulle interazioni tra diritto d’autore e intelligenza artificiale per stabilire la necessità o meno di interventi riformatori4. Sarà interessante seguire l’esito della consultazione per meglio esaminare la posizione americana su un tema che continuerà ad appassionare i copyright lawyers and scholars per ancora molto tempo.
[1] Compendium of U.S. Copyright Office Practice, III ed., gennaio 2021, parr. 306, 313.3.
[2] Il Giudice si esprime in tal senso affermando che “Human authorship is a bedrock requirement of copyright”.
[3] Corte distrettuale degli Stati Uniti del 9 circuito, Urantia Found. V. Kristen Maaherra, 1997, n. 114 F.3d 955.
[4] U.S. Copyright Office, Artificial Intelligence Study, disponibile al seguente link: https://www.copyright.gov/policy/artificial-intelligence/