Non c’è rosa senza spine. San Remo: riproduzione di fiori digitali e tutela autorale

Vincenzo Iaia


Corte Suprema di Cassazione, Sez. I, n. 1107/2023, pubblicata il 16 gennaio 2023


Fiori a Sanremo? Miranda Priestley commenterebbe probabilmente, con un tono tra l’aspro e l’annoiato, “Avanguardia pura”. Eppure, vi è stato un particolare fiore la cui riproduzione nella scenografia del Festival di Sanremo 2016 ha dato avvio ad una lite giudiziaria definita solo recentemente dalla Suprema Corte di Cassazione: “The scent of the night”, un’opera digitale a soggetto floreale e a figura frattale prodotta con l’ausilio di un software dall’architetto Chiara Biancheri.


In particolare, l’autrice ha convenuto in giudizio la RAI S.p.A. (“RAI”) dinanzi al Tribunale di Genova per violazione del diritto esclusivo di sfruttamento sull’opera in oggetto in quanto impiegata nella scenografia fissa del Festival senza alcuna autorizzazione. Il Tribunale genovese, dopo aver acclarato la creatività e la paternità dell’immagine floreale (come, ad esempio, testimoniato da un libro edito da Mondadori contenente l’immagine con l’attribuzione alla Biancheri), ha condannato la RAI al risarcimento del danno per una somma di € 40.000, disponendo altresì la rimozione del programma dal sito internet e la pubblicazione della sentenza.


La Corte d’appello ha confermato la decisione di primo grado sia nell’an che nel quantum, puntualizzando che il Festival di Sanremo non fosse soltanto una manifestazione culturale, avendo tutti i crismi della commercialità e dello scopo di lucro.


La RAI ha proposto ricorso per cassazione lamentando il difetto di motivazione con riguardo al ragionamento della Corte d’appello in punto di carattere creativo dell’immagine oggetto di controversia. Il ricorso è stato rigettato ribadendo l’orientamento ormai scolpito in modo granitico della Corte di legittimità secondo cui il livello di creatività preteso per attrarre la protezione autoriale non coincide con quello di originalità e novità assoluta, ma si riferisce alla individuale espressione della personalità dell’autore, di modo che sia riscontrabile un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore.


Nel caso di specie, la Corte di appello non ha omesso siffatta valutazione, peraltro a conferma di quella già espressa dal Tribunale territoriale, sostenendo che l’immagine non si riduceva ad una semplice rappresentazione di un fiore in quanto comportava una vera e propria rielaborazione, perciò meritevole della tutela autoriale. Sarebbero indici deponenti in tal senso anche la circostanza che la RAI avesse posto in risalto il fiore e la sua valenza simbolica facendolo campeggiare sul palco spoglio (invece tradizionalmente addobbato con vere decorazioni floreali), nonché il grado di notorietà raggiunto dall’opera sul web, comprovato dalle massicce visualizzazioni, preferenze e commenti (le cd. interactions).


La ricorrente aveva altresì lamentato la carenza di creatività dell’opera in quanto esclusivamente attribuibile al software adoperato dalla Biancheri. Il motivo è stato tuttavia dichiarato inammissibile in quanto volto a introdurre in sede di legittimità una questione non trattata nel giudizio di merito. Tale esame sarebbe appannaggio dei giudici di merito, chiamati eventualmente a stabilire se in quale misura l’utilizzo dello strumento avesse soverchiato l’apporto dell’artista.


È interessante notare il richiamo della Suprema Corte al tema delle creazioni algoritmiche, ancora non affrontato dalla medesima e non affrontabile nella controversia de qua a causa dell’inammissibilità del motivo. È certo però che il semplice uso di un software (anche se munito di intelligenza artificiale) non è di per sé sufficiente ad escludere la paternità umana, ma occorre vagliare l’intero processo creativo per stabilire se e in quale misura le decisioni in codice binario soppiantino quelle umane. Chissà se l’imminente edizione del Festival non darà proprio l’occasione per ritornare su un argomento così (tanto per restare in tema)…fiorente!


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