In Francia la prima proposta di legge che attribuisce la paternità delle opere create dall’intelligenza artificiale agli autori delle opere utilizzate come input

Risale al 12 settembre scorso la proposta di legge presentata da alcuni deputati francesi volta a rendere l’intelligenza artificiale compatibile con il diritto d’autore1. La motivazione principale che fa da sfondo all’iniziativa legislativa fa perno sull’esistenza di un deficit economico, culturale e giuridico legato all’irrefrenabile sviluppo dell’intelligenza artificiale. Secondo alcuni deputati francesi sarebbe quindi necessario regolare urgentemente la tecnologia in parola in quanto rappresentante una minaccia e probabilmente un disastro per la creazione di nuove opere dell’ingegno2.


La proposta ambisce a risolvere alcune delle questioni centrali emerse dall’impiego esponenziale dell’intelligenza artificiale cd. generativa (quali, ad esempio, Dall-E, ChatGPT, Steve.ai), per tale intendendosi – con un certo margine di approssimazione – un programma per elaboratore parecchio avanzato che fa uso di modelli fondazionali per produrre contenuti nuovi nei più svariati comparti artistici.


Da un lato, infatti, la proposta disciplina esattamente il regime giuridico degli output generati dall’intelligenza artificiale. Essa prevede che la titolarità di un’opera creata dall’intelligenza artificiale senza un diretto intervento umano spetti agli autori o ai titolari dei diritti che hanno permesso di realizzarla. Da un esame incrociato con l’articolo successivo che introduce un obbligo di comunicazione in merito all’origine algoritmica dell’opera unitamente ai nomi degli autori delle opere che ne hanno permesso la realizzazione può evincersi che i deputati francesi abbiano inteso l’output finale come opera derivata rispetto a tutte le opere dell’ingegno impiegate per il training algoritmico. Tuttavia, siffatta soluzione si scontra con la circostanza che l’operazione di estrazione dei dati si basa su migliaia – se non milioni – di opere dell’ingegno e verosimilmente il rapporto che intercorre tra l’output e gli input non è necessariamente derivativo, potendosi atteggiare anche come trasformativo. In quest’ultima ipotesi, il “crediting” degli autori delle opere immesse per nutrire i modelli fondazionale appare ingiustificato.


Dall’altro lato, la proposta cerca di fornire una soluzione all’intricata questione della remunerazione degli autori o dei loro aventi causa per la riproduzione delle loro opere (come input) ai fini del training algoritmico. Se negli Stati Uniti varie corti3 sono state chiamate a stabilire se tale pratica possa beneficiare o meno della fair use doctrine, secondo l’approccio divisato da alcuni deputati francesi essa sarebbe lecita, ma pagante. In particolare, si prevede che le società di gestione collettiva possano essere incaricate per la riscossione delle royalties dovute per il menzionato sfruttamento delle opere dell’ingegno. Si introduce altresì una tassazione a carico delle società che commercializzano sistemi di intelligenza artificiale qualora questi ultimi generino un’opera che impedisca di risalire all’origine delle opere utilizzate come input. La tassa andrebbe riscossa dalla società di gestione collettiva incaricata per l’uso delle opere per il training algoritmico e dovrebbe essere destinata “à la valorisation de la création”, senza tuttavia specificarne le modalità.


[1] Proposta di legge n. 1630 del 12 settembre 2023. Nel titolo della proposta si dichiara che l’obiettivo sia quello letteralmente di “encadrer l’intelligence artificielle par le droit d’auteur”.

[2] Ivi, p. 2.

[3] V. da ultimo l’azione instaurata il 19 settembre 2023 presso la Corte distrettuale di New York dall’Authors Guild unitamente ad altri scrittori professionisti contro OpenAI per aver quest’ultima consapevolmente riprodotto le opere degli attori ai fini di “allenare” i propri modelli fondazionali e così da offrire vari servizi commerciali di intelligenza artificiale generativa, come ChatGPT Plus e ChatGPT Enterprise.


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